SICUREZZA SUL LAVORO

Lavoro, sanzioni 231/2001 con limiti!

La Cassazione interviene sulle «punizioni» per le violazioni alle regole di sicurezza
La Corte di cassazione che, con la sentenza n. 40070 della quarta sezione penale depositata ieri, è intervenuta (forse per la prima volta) sull’estensione della responsabilità amministrativa degli enti al settore della protezione
del lavoro. Una società si era vista infliggere, all’esito di un procedimento penale conclusosi con un patteggiamento, una pena pecuniaria di 25mila 800 euro sulla base di quanto previsto dall’articolo 25 septies del decreto n. 231 del 2001. Il reato contestato era quello di lesioni personali colpose gravi aggravate per l’inadeguatezza di una macchina utensile che aveva causato a una lavoratrice l’amputazione di una falange.
La sanzione era parametrata a un numero di quote pari a 300 (la quota rappresenta il parametro con il quale misurare  le pena pecuniarie a carico delle imprese che si “macchiano” di violazioni al decreto 231 e una quota può avere un importo massimo di 1.549 euro). Una cifra apparsa sproporzionata e soprattutto non in linea con quanto affermato dalla legge. Le motivazioni sono state accolte dalla Cassazione che puntualizza come la pena massima che poteva colpire la società per il reato di lesioni, articolo 590, commi 2 e 3 del Codice penale, era invece di 250 quote. Un
importo superato dai giudici di merito e che ora ha condotto la Cassazione ha rideterminare la pena da infliggere in
250 quote pari a 21mila 500 euro.

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